fabriziovenerandi
2022-02-24 17:56:26 UTC
Koch sono stanco, stanco, stanco, stanco. A volte mi sembra di essere
una scintilla, a volte mi sembra di essere una brace che si sta per
spegnere. Similitudini. Pensaci Koch, le diamo per scontate.
Similitudini. Scintilla, brace. Forse è stato quello l'inizio della fine
Koch, quando abbiamo iniziato a usare la scrittura per scrivere cose che
non esistono. Cinque tonnellate di olive. Otto giare di olio. Sette
mucche. Diciotto capre. Ti amo. Sei carri di fieno. Sessanta quintali di
grano. Quel ti amo ci ha fregato Koch. Non dovevamo metterlo in mezzo,
la scrittura doveva restare un semplice strumento di memorizzazione.
Abbiamo astratto. Abbiamo inventato. Abbiamo collegato la scrittura alla
lingua che abbiamo nella testa, Koch, quella che non si ferma mai. E la
scrittura ha iniziato a sciorinare fuori. A semplificare. A
razionalizzare. A banalizzare. A complicare, è tutto lì: la scrittura ha
iniziato a plasmare quello che siamo. Invece che essere noi a scrivere,
era quello che leggevamo che ci scriveva. Hai presente i lombrichi, la
loro bocca che da una parte mangia, dall'altra secerne. Siamo dei vermi
anche noi Koch, da una parte scriviamo, dall'altro mangiamo la nostra
scrittura, e quello che siamo dentro lo scriviamo e quello che abbiamo
scritto cambia quello che siamo dentro, quando lo leggiamo. È una
pornografia dell'anima. Noi non siamo, facci caso. Siamo le mosche della
scrittura, siamo insetti, sono stanco Koch, stanco morto. Brace che si
sta spegnendo Koch, ma non sempre, solo oggi. Domani sarò di nuovo
scintilla. È così il mio corpo, una spugna, un muscolo poroso in cui ci
entra di tutto. Domani assorbirò e farò cose incredibili, ma non oggi,
oggi sono stanco. Hai presente Zinzini, ci sei mai stato a Zinzini?
Esiste, davvero, io ci ho vissuto per anni. Di inverno c'era un freddo
terrificante, le stanze erano ghiacciaie. Ero un bambino. E la sera
allora prendevano un baldacchino di legno, si chiamava prete, e lo
mettevano sotto le coperte. Se respiravi uscivano le nuvolette. Niente
riscaldamento. Allora prendevano una ciotola di metallo, la riempivano
di brace del camino, nella sala centrale c'era un camino, e la mettevano
nel prete. E rimboccavano le coperte al prete. Così alla notte, quando
andavo a letto, tiravano via il prete e sotto alle coperte c'era una
forma tiepida. Se provavo a mettere il piede fuori da questa forma
invisibile sentivo il gelo del resto del letto, della stanza, ma in
quella piccola realtà virtuale ero protetto, per un po', era la zona di
sicurezza. Il posto temporaneo in cui prendere sonno prima che tornasse
l'inverno della notte. E quando tiravano via il prete, la brace dentro
la ciotola era spenta, buia, grigia. Aveva dato tutto quello che aveva
potuto dare. Oggi sono così. Sono stanco Koch, dannatamente stanco. Sono
una brace spenta che aspetta solo il tocco per cambiare di stato. Basta
un tocco e tutta questa forma che ho, il ricordo e la memoria del
tronco, svanisce. Mi trasformo in un vuoto, in un tappeto di cenere.
Facci caso. Sarà capitato anche a te. Anche scrivere non aiuta, diventa
un peso. Lo è sempre un peso. Capisci che scrivere non ti salverà. Salvi
il documento ma non te stesso. Smetti allora di scrivere, cerchi le
coperte, togli il portatile da sotto le coperte e ti ci metti tu, senti
il calore tiepido dell'elettronica, la forma senza dimensione in cui ti
rannicchi e chiudi le fessure, aspetti che arrivino i terrori della
notte. Le folgori distanti della realtà.
una scintilla, a volte mi sembra di essere una brace che si sta per
spegnere. Similitudini. Pensaci Koch, le diamo per scontate.
Similitudini. Scintilla, brace. Forse è stato quello l'inizio della fine
Koch, quando abbiamo iniziato a usare la scrittura per scrivere cose che
non esistono. Cinque tonnellate di olive. Otto giare di olio. Sette
mucche. Diciotto capre. Ti amo. Sei carri di fieno. Sessanta quintali di
grano. Quel ti amo ci ha fregato Koch. Non dovevamo metterlo in mezzo,
la scrittura doveva restare un semplice strumento di memorizzazione.
Abbiamo astratto. Abbiamo inventato. Abbiamo collegato la scrittura alla
lingua che abbiamo nella testa, Koch, quella che non si ferma mai. E la
scrittura ha iniziato a sciorinare fuori. A semplificare. A
razionalizzare. A banalizzare. A complicare, è tutto lì: la scrittura ha
iniziato a plasmare quello che siamo. Invece che essere noi a scrivere,
era quello che leggevamo che ci scriveva. Hai presente i lombrichi, la
loro bocca che da una parte mangia, dall'altra secerne. Siamo dei vermi
anche noi Koch, da una parte scriviamo, dall'altro mangiamo la nostra
scrittura, e quello che siamo dentro lo scriviamo e quello che abbiamo
scritto cambia quello che siamo dentro, quando lo leggiamo. È una
pornografia dell'anima. Noi non siamo, facci caso. Siamo le mosche della
scrittura, siamo insetti, sono stanco Koch, stanco morto. Brace che si
sta spegnendo Koch, ma non sempre, solo oggi. Domani sarò di nuovo
scintilla. È così il mio corpo, una spugna, un muscolo poroso in cui ci
entra di tutto. Domani assorbirò e farò cose incredibili, ma non oggi,
oggi sono stanco. Hai presente Zinzini, ci sei mai stato a Zinzini?
Esiste, davvero, io ci ho vissuto per anni. Di inverno c'era un freddo
terrificante, le stanze erano ghiacciaie. Ero un bambino. E la sera
allora prendevano un baldacchino di legno, si chiamava prete, e lo
mettevano sotto le coperte. Se respiravi uscivano le nuvolette. Niente
riscaldamento. Allora prendevano una ciotola di metallo, la riempivano
di brace del camino, nella sala centrale c'era un camino, e la mettevano
nel prete. E rimboccavano le coperte al prete. Così alla notte, quando
andavo a letto, tiravano via il prete e sotto alle coperte c'era una
forma tiepida. Se provavo a mettere il piede fuori da questa forma
invisibile sentivo il gelo del resto del letto, della stanza, ma in
quella piccola realtà virtuale ero protetto, per un po', era la zona di
sicurezza. Il posto temporaneo in cui prendere sonno prima che tornasse
l'inverno della notte. E quando tiravano via il prete, la brace dentro
la ciotola era spenta, buia, grigia. Aveva dato tutto quello che aveva
potuto dare. Oggi sono così. Sono stanco Koch, dannatamente stanco. Sono
una brace spenta che aspetta solo il tocco per cambiare di stato. Basta
un tocco e tutta questa forma che ho, il ricordo e la memoria del
tronco, svanisce. Mi trasformo in un vuoto, in un tappeto di cenere.
Facci caso. Sarà capitato anche a te. Anche scrivere non aiuta, diventa
un peso. Lo è sempre un peso. Capisci che scrivere non ti salverà. Salvi
il documento ma non te stesso. Smetti allora di scrivere, cerchi le
coperte, togli il portatile da sotto le coperte e ti ci metti tu, senti
il calore tiepido dell'elettronica, la forma senza dimensione in cui ti
rannicchi e chiudi le fessure, aspetti che arrivino i terrori della
notte. Le folgori distanti della realtà.